mercoledì 29 maggio 2013

Il giardino dei simboli



Oggi vorrei mostrarvi l'ultimo dipinto che ho finito; non si tratta di una commissione, ma di un lavoro che ho fatto solo per il piacere di dipingere.
 E' una Madonna con Bambino di Carlo Crivelli, leggermente modificata in qualche dettaglio per adattarla alla forma del supporto che avevo a disposizione.

La tecnica che ho usato è olio su tavola, cioè pigmenti mischiati con olio di lino su tavola di legno preparata a gesso, anche se credo che l'originale di Crivelli sia stato realizzato a tempera.
 Negli ultimi anni ho dipinto esclusivamente con la tempera all'uovo, ma per questo lavoro mi è tornata la voglia di usare i colori ad olio che permettono sfumature morbidissime e tempi di lavorazione molto più elastici, rispetto alla tempera.


Crivelli fu un pittore, originale e raffinato, attivo nella seconda metà del Quattrocento, che mi affascinò molto quando studiai le sue opere durante le lezioni di Storia dell'Arte ed Iconologia seguite alla scuola di restauro.




E' noto che nei dipinti antichi c'è molto di più di quello che sembra.

Le Madonne  di Crivelli sono caratterizzate dalla presenza di frutti succosi, fiori descritti con precisione fiamminga e persino rigogliosi ortaggi. Questi elementi regalano alla composizione pittorica grande fascino e piacevolezza, però la loro presenza non ha un valore puramente estetico, ma racchiude un complicato codice simbolico.

Carlo Crivelli, Madonna della candeletta, particolare

Infatti solo decodificando il codice segreto degli elementi vegetali si può comprendere pienamente il messaggio di un dipinto quattrocentesco.
Il simbolismo legato al mondo della botanica assunse nei secoli successivi sempre maggior rilievo, fino a diventare, intorno al Seicento, un genere di grande successo: la Natura Morta.
La Natura Morta venne molto spesso declinata sotto forma di Vanitas, una composizione pittorica con valore simbolico di elementi vegetali ed oggetti inanimati: libri, candele, teschi, strumenti musicali, che costituisce un ammonimento e un'esortazione a non lasciarsi ammaliare dagli effimeri piaceri terreni, come la ricchezza, la bellezza, il successo, poichè tutto è vanità e tutto è destinato a deteriorarsi e a morire... (che allegria, amici!)



P. de Champaigne, Natura morta con teschio, 1671

Il fiore rappresenta la fragilità e la brevità della vita umana, il teschio è il chiaro simbolo della morte, la clessidra è un altrettanto chiaro riferimento allo scorrere inarrestabile ed impietoso del tempo.

Anche la famosissima e pionieristica Canestra di frutta di Caravaggio, con i suoi frutti bacati e le foglie accartocciate, allude alla morte e alla transitorietà della vita terrena.

Caravaggio, Canestra di frutta, 1598


Tornando alle Madonne del Crivelli, troviamo quasi sempre la presenza di grosse mele strette tra le manine del Bambino o posizionate in bella mostra, insieme a pere, prugne, nocciole, pesche, a comporre bellissime ghirlande sospese alle spalle dei personaggi. L'insieme di questi frutti simboleggia il frutto dello spirito. Considerato singolarmente, ogni elemento vegetale fa riferimento a Cristo o alla Vergine.
La mela è comunemente considerata simbolo della caduta dell'uomo nel peccato, ma messa in relazione a Cristo diventa un richiamo alla salvezza dell'anima; la pera simboleggia la dolcezza di Maria e allude alla maternità, la prugna rossa, come la ciliegia, simboleggia la passione di Cristo, la pesca e le noci, o le nocciole, sono un riferimento alla Trinità.

Anche i fiori sono grandi protagonosti dal punto di vista simbolico, con particolare riferimento alla Madre di Gesù.
 Il garofano è considerato il fiore di Dio; lo vediamo  dipinto in verticale a sinistra sulla balaustra di pietra anche nella tavola di Crivelli da me riprodotta, e così in molte altre raffiguranti il medesimo soggetto. Nella parte destra è rappresentato un delicato mazzetto di violette, di cui non conosco precisamente il significato, forse è anch'esso un accenno alla bellezza e alla modestia di Maria. Naturalmente in molti dipinti troviamo la rosa, regina dei fiori, posizionata singolarmente o in mazzi disposti in vasi di cristallo o abbelliti da motivi decorativi raffinatissimi, anche questi sono attributi della purezza, misericordia e regalità della Vergine.

Alle spalle dei protagonisti, dietro il drappo di tessuto rosso, si vede lo scorcio di un paesaggio collinare in cui spicca la sagoma di un albero secco (delizioso il particolare dell'uccellino nero posato su un ramo), questa immagine simboleggia l'albero della vita, morto a causa del peccato, che tuttavia rifiorirà tornando rigoglioso, grazie a Cristo; infatti in alcune opere (non solo di Crivelli) sono rappresentati entrambi gli alberi: uno morto e scheletrico, al centro di un paesaggio brullo, un altro vivo e verde immerso in una natura serena e rigogliosa.

Scoprire questo affascinante linguaggio segreto mi ha permesso di amare ancora di più la pittura, in particolare quella antica. Prima di avere la possibilità di studiare Iconologia, andavo in un museo, ammiravo i quadri dal punto di vista estetico e tecnico, ma spesso non comprendevo ciò che quelle belle immagini rappresentavano. Non riuscivo a leggere la composizione pittorica nella sua completezza, molti elementi che la costituivano rimanevano ai miei occhi indecifrabili e privi di significato.
Ovviamente si potrebbero scrivere pagine e pagine su questo argomento, cosa che non sarei certo in grado di fare, visto che non sono nè una studiosa nè un'esperta.

 Probabilmente mi verranno in mente altri particolari e li aggiungerò in seguito... Il bello del blog è che si può aggiornare e migliorare in qualsiasi momento!

Per ora vi saluto, amici!


martedì 28 maggio 2013

Nuvolosità variabile

F. Casorati, Ragazza con la scodella, tempera su tela (1920)

Quanto è difficile, cari amici, guarire da certe ferite del cuore.

Un giorno ti senti pienamente felice, respiri aria cristallina con la netta convinzione che la burrasca sia passata, il giorno dopo ti ritrovi a terra, con il cuore pesante e tanti pensieri tetri in testa.
Un anno di impegno, fatica,  ricerca dentro se stessi, tempo ed energie spesi a cercare, leggere, scandagliare, sforzarsi di capire, e poi basta una piccolezza, tipo una frase buttata lì, un sogno, un commento visto per caso su Facebook e si torna indietro di mesi a soffrire come allora.

Oggi nel giro di una decina di minuti ho esaurito tutte le mie energie mentali disponibili per la giornata.

Mi è venuta voglia di fare un viaggio da sola, magari di un paio di giorni. Non mi servirebbe andare chissà dove, mi basterebbe preparare un bagaglio leggero, salire su un bel treno  ed andare a vedere una città che mi piace o che non ho mai visitato, oppure una mostra di pittura o una città di mare...

Il mio umore di oggi mi ha fatto tornare in mente un libro che lessi due o tre anni fa e che mi affascinò per la capacità dell'Autrice di raccontare la ricchezza dell'animo femminile. Il titolo è proprio quello che ho voluto dare al mio post di oggi: Nuvolosità variabile, la scrittrice è Carmen Martin Gaite.
Ve lo consiglio, amiche.

 A presto!






martedì 21 maggio 2013



Oggi sono felice per tanti motivi, ma mi sento troppo elettrizzata per raccontarveli. Perciò vi dedico queste splendide rose, raccolte nel giardino della mia infanzia... Mi devo abituare all'idea di salutarlo, quel giardino, poichè ieri la casa è stata messa in vendita.

A presto, amici!

domenica 19 maggio 2013

Fuga dalla civiltà

J.W. Waterhouse, Lady Clare, 1900
Ieri mattina, in compagnia della mia amata ed inseparabile cagnolina, ho fatto una passeggiata a P., un bellissimo paesino in riva al fiume, in cui ho vissuto per due anni. Ci torno periodicamente perchè mi piace  passeggiare sugli argini e  ammirare le belle e vecchie case di sasso. Ieri il cielo era azzurro brillante e il sole di fine maggio picchiava deciso, ma il fiume ingrossato dalle continue piogge di questo periodo, scorreva scuro e pericoloso, trascinando nella corrente detriti e tronchi provenienti da chissà dove. Qui alcune case hanno splendidi terrazzi e giardini sul fiume, ieri l'acqua, in alcuni punti, li lambiva minacciosamente. Mi sono sempre chiesta come facciano gli abitanti di queste case a dormire tranquilli in queste situazioni! Anche la stradina che costeggia il fiume era allagata e così la mia amica pelosa ed io abbiamo dovuto scegliere un'altra meta per la nostra camminata. Era sabato e c'era il mercatino dei prodotti a km zero, quindi parecchia gente in giro, impegnata a fare la spesa e a chiacchierare tra i banchi. Io, già infastidita. Uffa! Ero venuta per passeggiare tra gli alberi e invece mi ritovavo a fare lo slalom tra capannelli ciarloni, banchi della frutta e passeggini!  Però, a volte, essere costretti a cambiare programma rende le cose migliori. Infatti mi è tornato in mente un sentiero che costeggia il fiume dall'altro lato del paese, che è molto bello perchè si arrampica su una modesta collinetta e permette di osservare un bel panorama delle case dall'alto. Insomma, alla fine è stata una passeggiata bellissima! 

 Capisco che voi, cari amici, siate tentati di pensare: be'...tutto qui? niente avventure, niente incidenti con l'acqua minacciosa, niente incontri mirabolanti? ...Ebbene, sì: tutto qui... Anzi, in realtà no.
 Ho raccontato della passeggiata perchè nel mio bilancio settimanale degli avvenimenti belli e brutti, è stata la cosa che ho fatto più volentieri e che mi è piaciuta di più. E questo mi fa riflettere sul fatto che, molto spesso, mi sento un'aliena o, più realisticamente, un'inguaribile misantropa. Per me il paradiso è passeggiare nel bosco con il mio cane, ammirando i fiori, le piante, gli animali e il paesaggio. Niente mi rilassa e diverte di più.  Io con la gente intorno mi annoio,  mi scarico, non mi sento libera di essere me stessa. Non so, ma per me tutti hanno qualcosa che, dopo un po', mi fa desiderare di scappare a gambe levate in una foresta! Uno parla troppo e ti toglie l'aria, l'altro  troppo poco e non sai cosa dire per rompere il ghiaccio, uno è troppo grezzo, cafone e si fa i fatti tuoi, l'altro sta sulle sue, fa lo snob e non ti aiuta nemmeno se ti vede moribondo ai suoi piedi, un altro è maligno e sparla a tutto spiano, i vicini o sono delle vere calamità per la tua salute uditiva e mentale o ti tolgono il saluto e ti lanciano occhiate malevole solo perchè una volta gli hai chiesto di evitare di parcheggiare l'auto nel tuo salotto o lasciarti almeno mezzo metro per uscire dalla porta di casa, l'amica ti frega allegramente il marito...Insomma che noia e soprattutto che grande, inutile fatica!!!

Più passano gli anni e più dentro di me si sta facendo spazio il progetto di un ritiro dalla civiltà. Naturalmente non è una cosa che si può improvvisare, deve essere pianificata ed inoltre ci vorrebbe qualche soldo da parte. I dubbi sono tanti, il sogno ha contorni sfocati, ma ormai da tanti anni è lì e torna ciclicamente a chiamarmi.

 E, a proposito di misantropia e fuga dalla civiltà,domani sera dovrò affrontare un super evento mondano...Che ansia, amici!!!
 
L.A. Knight (1873-1948), Veduta del giardino di un castello




mercoledì 15 maggio 2013

Cercasi ispirazione!

Nelle ultime settimane non riesco a trovare la giusta ispirazione per proseguire e terminare i tanti lavori iniziati, e questo non mi piace per niente, perchè quando non riesco a lavorare con costanza mi sento insoddisfatta e scontenta di me stessa.
 La piccola icona con fondo rosso che si vede nella foto è l'unica che ho concluso, ma solo perchè si trattava di una commissione e quindi avevo una scadenza da rispettare!




Questa è una Natività iniziata in aprile su tavola che ho tagliato, incamottato *, gessato e levigato da sola. Di conseguenza ero particolarmente contenta ed ansiosa di dipingerla; invece mi sono arenata dopo aver realizzato le parti dorate e le prime campiture colorate. Comunque credo di riuscire a terminarla per un'esposizione in programma a dicembre!

Il retro (o verso, termine più professionale e più fico, che però nessuno capisce ;-) ) della tavola è stato trattato con un mordente scuro, gommalacca e finito con cera neutra.









Infine dovrò terminare in un tempo certamente non biblico, come il mio solito, il complesso restauro di questo olio su tela che mi impegna già da due o tre mesi, ma che per fortuna è a buon punto, visto che sono giunta alla fase del ritocco, dopo aver eseguito le precedenti fasi di foderatura, pulitura e stuccatura.
Comunque non voglio anticipare tutto ora, infatti a lavoro concluso, vorrei fare un bel post sul restauro di questo dipinto, arrivato in Laboratorio Oltremare in condizioni pietose.






*Incamottare significa incollare una pezza di lino, cotone o altro tessuto, sulla superficie della tavola lignea per limitare i danni alla pellicola pittorica dovuti ai movimenti del legno negli anni. Si tratta di un procedimento molto antico, usato nella realizzazione delle icone e nella pittura italiana medioevale.



A presto, amici!

venerdì 10 maggio 2013

La signora va a spasso col cane...

G. De Nittis, Signora col cane, 1878
 " La signora va a spasso col cane per farsi vedere, invece di stare a casa a pulire! "
Eh sì, cari amici del blog, sono stata accusata di questa abominevole, inammissibile, vergognosa colpa, qualche giorno fa, da una comare, ex vicina di casa. Tutto per qualche foglia secca caduta e un po' d'erba nel maledetto giadinetto comune dell'altrettanto maledetto condominio... Evidentemente la signora non sa che il cane va portato fuori più volte al giorno, indipendentemente dal fatto che in giro ci siano o meno uomini di cui attirare lo sguardo.
In un primo momento questa frase mi aveva infastidita, ma ora la trovo esilarante un po' penosa. Sì, perchè denota tutta la grettezza, la meschinità, la mancanza di amore e di passione per qualcosa che non siano i prgrammi TV o il parlar male alle spalle della gente aspettando il proprio turno dal fruttivendolo.
 Dell'albero di oleandro, questa persona, vede il fatto che perde le foglie e sporca il vialetto di cemento, non vede la sua meravigliosa fioritura purpurea del mese di giugno... Il vialetto di cemento, il garage, la macchina: piante e fiori devono sparire perchè la figlia della  signora DEVE passare con la macchina! Che miseria, amici!!!
 Queste persone amano il brutto, sono l'apoteosi della tristezza di vivere, della disgrazia. La signora è brutta e antipatica, ha fatto una figlia brutta e antipatica che, a sua volta, ha fatto due figli brutti e antipatici! Non ci sarebbe nulla di male, nel possedere queste caratteristiche, se tutta questa bruttezza ed antipatia non danneggiassero il prossimo, e invece lo danneggiano, eccome!


A presto, cari!



domenica 5 maggio 2013

Rifiorire!

Philip Leslie Hale, 1908

Riviere,
bastano pochi stocchi d'erbaspada
penduli da un ciglione
sul delirio del mare;
o due camelie pallide
nei giardini deserti,
e un eucalipto biondo che si tuffi
tra sfrusci e pazzi voli
nella luce;
ed ecco che in un attimo
invisibili fili a me si asserpano,
farfalla in una ragna
di fremiti d'olivi, di sguardi di girasoli. 

Dolce cattività, oggi, riviere
di chi s'arrende per poco
come a rirvivere un antico giuoco
non mai dimenticato.
Rammento l'acre filtro che porgeste
allo smarrito adolescente, o rive:
nelle chiare mattine si fondevano
dorsi di colli e cielo; sulla rena
dei lidi era un risucchio ampio, un eguale
fremer di vite
una febbre del mondo; ed ogni cosa
in se stessa pareva consumarsi.

Oh allora sballottati
come l'osso di seppia dalle ondate
svanire poco a poco;
diventare
un albero rugoso od una pietra
levigata dal mare; nei colori
fondersi dei tramonti; sparir carne
per spicciare sorgente ebbra di sole,
dal sole divorata...
                             Erano questi,
riviere, i voti del fanciullo antico
che accanto ad una rosa balaustrata
lentamente moriva sorridendo.

Quanto, marine, queste fredde luci
parlano a chi straziato vi fuggiva.
Lame d'acqua scoprentisi tra varchi
di labili ramure; rocce brune
tra spumeggi; frecciare di rondoni
vagabondi...
                    Ah, potevo
credervi un giorno, o terre,
bellezze funerarie, auree cornici
all'agonia di ogni essere.

Oggi torno
a voi più forte, o è inganno, ben che il cuore
par sciogliersi in ricordi lieti - e atroci.
Triste anima passata
e tu volontà nuova che mi chiami,
tempo è forse d'unirvi
in un porto sereno di saggezza.
Ed un giorno sarà ancora l'invito
di voci d'oro, di lusinghe audaci,
anima mia non più divisa. Pensa:
cangiare in inno l'elegia; rifarsi;
non mancar più.
                          Potere
simili a questi rami
ieri scarniti e nudi ed oggi pieni
di fremiti e di linfe,
sentire
noi pur domani tra i profumi e i venti
un riaffluir di sogni, un urger folle
di voci verso un esito; e nel sole
che v'investe, riviere,
rifiorire!

(Eugenio Montale, Ossi di seppia 1920-1927)


Monterosso visto dalle colline


giovedì 2 maggio 2013

Un fantasma fiorentino

John Atkinson Grimshaw, 1882



Se avete perso tempo a leggere il post del primo maggio sulla rimembranza, vi sarete accorti che ho inserito delle citazioni tratte dagli scritti di Giacomo Leopardi e che l'argomento stesso del post è decisamente leopardiano. Ebbene, Leopardi fu il mio grande amore degli ultimi anni delle superiori. Conoscevo a memoria le vicende della sua travagliata esistenza e leggevo in continuazione i suoi Piccoli e Grandi Idilli. Il destino volle che all'esame di maturità una delle tracce del tema fosse proprio sul Leopardi; naturalmente scelsi quella, senza indugio, convinta di far bene. Ma l'agitazione e la grande emozione di quella mattina influirono molto sulla mia capacità di concentrazione e il risultato non fu certo quello che di solito si definisce un capolavoro!
Durante questa settimana ho rispolverato il mio Poeta, dopo anni, e mi ha fatto bene. Tra i miei libri  ho trovato un volumetto intitolato CXI Pensieri, in cui sono raccolte  massime e brevi riflessioni sulla natura umana, della quale il genio di Recanati era un acuto e fine osservatore. Ieri sera mi sono imbattuta in una storiella, realmente accaduta ad Antonio Ranieri, carissimo amico di Leopardi, che il Poeta racconta per divertire il lettore.
Da appassionata di vecchi racconti di fantasmi, l'ho trovata davvero curiosa e penso sia simpatico condividerla con voi.

"Questo che segue non è un pensiero, ma un racconto, ch'io pongo qui per isvagamento del lettore. Un mio amico, anzi compagno della mia vita, Antonio Ranieri, giovane che, se vive, e se gli uomini non vengono a capo di rendere inutili i doni ch'egli ha dalla natura, presto sarà significato abbastanza dal solo nome, abitava meco nel 1831 in Firenze. Una sera di state, passado per Via buia, trovò in sul canto, presso alla piazza del Duomo, sotto una finestra terrena  del palazzo che ora è de' Riccardi, fermata molta gente, che diceva tutta spaventata: ih, la fantasima! E  guardando per la finestra nella stanza, dove non era latro lume che quello che vi batteva dentro da una delle lanterne della città, vide egli stesso come un'ombra di donna, che scagliava le braccia di qua e di là, e nel resto immobile. Ma avendo pel capo altri pensieri, passò oltre, e per quella sera nè per tutto il giorno vegnente non si ricordò  di quell'incontro. L'altra sera, alla stessa ora, abbattendosi a ripassare dallo stesso luogo, vi trovò raccolta più moltitudine che la sera innanzi, e udì che ripetevano collo stesso terrore: ih, la fantasima! E riguardando per entro la finestra, rivide  quella stessa ombra, che pure, senza fare altro moto, scoteva le braccia. Era la finestra non molto più alta da terra che una statura d'uomo, e uno tra la moltitudine che pareva un birro, disse: s'i avessi qualcuno che mi sostenessi 'n sulle spalle, i' vi monterei, per guardare  che v'è là drento. Al che soggiunse Ranieri: se voi mi sostenete, monterò io. E dettogli da quello, montate, montò su, ponendogli i piedi in sugli omeri, e trovò presso l'inferriata della finestra, disteso in sulla spalliera di una seggiola un grembiale nero, che agitato dal vento, faceva quell'apparenza di braccia che si scagliassero; e sopra la seggiola, appoggiata alla medesima spalliera, una rocca da filare, che pareva il capo dell'ombra: la quale rocca il Ranieri presa in mano, mostrò al popolo adunato, che con molto riso si disperse.   (...) "   (G. Leopardi, Pensieri, IV)
           

mercoledì 1 maggio 2013

Rimembranza

A. Menzel, olio su tela (1867)
"Un oggetto qualunque, per esempio un luogo, un sito, una campagna, per bello che sia, se non desta alcuna rimembranza, non è poetico." (Giacomo Leopardi)


 Sabato sera sono andata a cena con la mia vecchia amica S.
 Era una serata primaverile, tiepida e piovosa. Ho raggiunto in autobus il luogo dell'appuntamento, sono arrivata con una mezz'oretta di anticipo e ne ho approfittato per sbirciare le vetrine di qualche profumeria del centro storico. Il cielo, ancora luminoso, pian piano andava scurendosi e io osservavo la vita oziosa di un sabato pomeriggio cittadino. Mi sentivo bene.

La mia amica ed io abbiamo trovato facilmente un tavolo nella piccola, deliziosa pizzeria che avevo scelto. S. non la conosceva e le è piaciuta molto. Abbiamo chiacchierato quasi incessantemente e mangiato con appetito  pizza, dessert e caffè.
 Una volta uscite, abbiamo passeggiato con l'ombrello sotto una pioggerella intermittente, lungo le vie poco affollate del centro. Arrivate nei pressi di uno dei ponti sul fiume, S. mi ha indicato la finestra di un vecchio palazzo e ha detto:
 " Quello era l'ufficio del commercialista di papà! Mi ricordo che, quando lavoravo con lui, andavo sempre in quell'ufficio e mi piaceva perchè approfittavo della commissione per fare un giro. Nella bella stagione avevo l'abitudine di venirci quasi tutti i giorni, in pausa pranzo. Spesso mi raggiungeva il mio primo fidanzatino, mangiavamo un gelato e facevamo due passi. Ma mia madre non voleva che ci frequentassimo e alla fine lo lasciai. Mi ricordo che lui ci rimase molto male, perchè mi voleva bene, sul serio, mentre io, non so... Comunque lui studiava in un'altra città e non lo vidi più; poi una sera, sul giornale, lessi la notizia della morte di suo fratello in un incidente e scoppiai a piangere... Che strano, non pensavo più da anni a quel bel periodo, mi sembrava di non ricordare più...Ho visto quella finestra e mi è tornato in mente tutto quanto! "
Dopo questo breve racconto di S., mi è sembrato che la città si ammantasse di un'atmosfera magica, forse di sogno. Parlavamo dei nostri ricordi ed era come se ci trovassimo in un tempo sospeso in cui non eravamo più due donne adulte, ma due ragazzine, o forse nemmeno quello: non avevamo più età. 

Henri Le Sidaner, 1921


Negli ultimi giorni ho pensato a quanto siano preziosi ed indispensabili i ricordi. Mi è tornata in mente la parola rimembranza,  un vocabolo antico, musicale e ricco di fascino.

 Leopardi scrisse che il ricordo è un piacere per il solo fatto che è ricordo, rimembranza appunto, anche se si tratta di un ricordo doloroso. Ed è proprio vero! Talvolta mi capita di riportare alla memoria di proposito ricordi negativi e di provare un sottile piacere nel riguardare la mia vita, le mie reazioni ed emozioni di quel tempo. Mi sono chiesta se sia stupido autolesionismo, ma ora credo che invece si tratti un meccanismo della nostra mente, utile a mantenere viva la speranza, a ricordarci che quella volta ce l'abbiamo fatta e ce la faremo ancora.
La rimembranza si porta dietro le atmosfere del tempo passato; ed è questo l'aspetto che più mi affascina e mi emoziona. Posso scordare le parole che ho pronunciato e che ho ascoltato, i volti delle persone, persino i fatti accaduti, ma la particolare atmosfera del periodo passato che il ricordo riporta in vita, rimane eterna ed incancellabile. 
Il profumo dei ciclamini mentre cammino nel bosco, riporta alla mia memoria i mesi estivi passati in montagna durante l' infanzia, la felicità, la spensieratezza delle lunghe giornate dedicate esclusivamente al gioco; alcuni odori o un particolare tono di luminosità del cielo, evocano immediatamente le emozioni delle prime passeggiate con l'uomo amato...
Sì, io sono una patita della rimembranza. Nella mia memoria sono minuziosamente annotati gli anniversari che mi riguardano; mi piace richiamarli in vita e guardarli con gli occhi del presente.


Hans Heyerdahl, 1881


 "Ed ho notato, interrogando in tal proposito parecchi, che gli uomini sensibili ed usati alla solitudine, o a conversare internamente, sogliono essere studiosissimi degli anniversari, e vivere, per dir così, di rimembranze di tal genere, sempre riandando, e dicendo fra se: in un giorno dell'anno come il presente mi accadde questa o questa cosa." (G. Leopardi, Pensieri)