mercoledì 29 gennaio 2014

Un'esperienza affascinante

Opera di Felice Casorati


Buona settimana, cari amici!
E' arrivata la neve da voi? Da me  in città purtroppo no -ci speravo perchè mi piace tanto - ma sulla mia casetta in Lessinia sì: circa trenta centimetri! Eccola lì...


Ieri sera ho partecipato, coinvolta da un'amica, al primo di due incontri sull'importanza ed il significato dei sogni. Qualche anno fa avrei evitato accuratamente di farmi trascinare in questo tipo di esperienza, per il timore di  essere costretta a raccontare qualcosa di me in un contesto di gruppo; invece ora non ho avuto dubbi e ho accettato subito l'invito... E, con grande sorpresa,  mi sono divertita.
 Eravamo in nove partecipanti, più le due psicoterapeute moderatrici ed organizzatrici dei seminari; ci siamo presentati, poi qualcuno ha raccontato un sogno recente che gli era sembrato particolarmente importante o indecifrabile, abbiamo commentato ed imparato cose nuove e molto affascinanti. Devo dire che l'attività di gruppo è interessante. Ognuno può specchiarsi nella persona che racconta le sue esperienze, inoltre risulta più facile parlare di sè davanti a dei perfetti sconosciuti piuttosto che davanti a qualcuno che ci conosce: ci si sente più liberi, giudicati meno severamente. Infatti io ieri sera avrei parlato a ruota libera, se non fosse stata presente la mia amica che, senza volerlo, mi inibiva.
Martedì prossimo ognuno di noi porterà un sogno scelto tra quelli fatti recentemente e, insieme, cercheremo di comprenderne il significato. Sono molto curiosa.

Tradizionalmente il mondo dei sogni è permeato da un alone di mistero, superstizione e magia, ma in realtà  di magico c'è solo l'incredibile lavorio nascosto dell'inconscio, che, spesso, sa e capisce molte più cose di noi (della nostra parte razionale) e ci invia nel sonno dei messaggi, delle fotografie, di una determinata situazione che ci riguarda. Naturalmente l'inconscio ci parla con il suo linguaggio che non è quello della realtà quotidiana a cui siamo abituati: è una lingua misteriosa e ricca,  fatta di simboli, talvolta assai complessi, per questo risulta difficile interpretare correttamente il sogno e ricavare da esso indicazioni utili alla nostra crescita personale. Oppure il  significato dell'attività onirica diventa chiaro ai nostri occhi dopo molto tempo, quando l'evento del quale l'inconscio aveva tentato invano di parlarci, è già accaduto, e allora noi crediamo di aver fatto un sogno premonitore. La verità è che nel nostro profondo sapevamo già tutto, però non riuscivamo a vederlo.
Questo aspetto mi incanta, lo trovo avvincente. Ho provato personalmente la straordinaria potenza dell'esperienza che vi ho descritto. Un sogno per così dire premonitore, mi aveva messo in guardia in anticipo su un avvenimento per me doloroso ed estremamente destabilizzante che si stava preparando. Una situazione di cui il mio inconscio aveva colto i particolari e l'essenza, ma che, ahimè, la mia parte razionale non riusciva a vedere. Solo dopo, ho compreso e mi sono quasi spaventata. 

E voi, amiche, cosa ne pensate?


Un caro saluto, e... fate tanti bei sogni ;-)

Giorgia

venerdì 24 gennaio 2014

QUIET- Il potere degli introversi - di Susan Cain


Buon venerdì, carissimi.
Oggi vi propongo Quiet, un saggio, edito da Bompiani nel 2012, che mi ha subito colpita, appena l'ho visto sullo scaffale della libreria.
L'autrice è Susan Cain, una bella signora americana dal viso dolce, ex avvocato, la quale  ha dedicato buona parte della sua vita alle ricerche per la compilazione di questo libro particolare, che accende un riflettore su un tratto caratteriale che la società odierna considera di serie B: l'introversione.
Il sistema di valori di oggi predilige ed enfatizza le persone estroverse,  cioè quelle che si mettono in mostra, quelle espansive, audaci, spigliate, dominanti, loquaci, che amano parlare velocemente, con un tono di voce alto e squillante. Le persone con queste caratteristiche sono considerate più gradevoli, graziose ed intelligenti, insomma preferibili, rispetto alle persone timide, riflessive, amanti della solitudine, pacate che parlano lentamente, con un tono di voce più basso. Per tutta la vita, a cominciare dai banchi di scuola, ci viene imposto di essere estroversi, pena l'esclusione sociale. L'introversione è vista come una sfortuna e, in certi casi, considerata quasi una patologia da curare. Essere introversi in questa società può rivelarsi un inferno. Può essere un grande disagio, in grado di portare l'individuo ad una vera e profonda sofferenza psicologica. Eppure, l'introversione è  semplicemente un aspetto caratteriale, esattamente come l'estroversione e non dovrebbe essere trattata nè come un problema nè come una malattia.
Il saggio è diviso in quattro parti, suddivise, a loro volta, in capitoli. Il linguaggio è chiaro, mai troppo tecnico, sicuramente apprezzabile da tutti; nell'insieme il libro risulta molto dettagliato ed accurato.
 Attraverso interviste, storie, esperienze personali e dati scientifici, Susan Cain mette in luce gli aspetti positivi dell'introversione, ci fa capire che ognuno può brillare, sotto la giusta luce. Per alcuni è un riflettore di Broadway, per altri una lampada da tavolo.

Consiglio caldamente questa lettura a tutti gli introversi. A chi, come la sottoscritta, si è sentito in colpa fin da bambino perchè preferiva stare a casa a disegnare invece che andare a scalmanarsi alla super festa di compleanno organizzata dalla più bella della classe, e per questo  è stato sempre considerato, da adulti e coetanei, strano, diverso, poco brillante, chiuso... Esci dal tuo guscio! Quante volte mi sono sentita rivolgere queste parole, che ormai ero arrivata a detestare!
Una lettura che mi ha permesso di capire qualcosa in più di me stessa, mi ha aiutato ad accettare un aspetto del mio carattere che prima tentavo di nascondere e che mi ha fatto diventare orgogliosamente consapevole della mia introversione.


Alla prossima!

Giorgia
 

martedì 21 gennaio 2014

Incendio al canile



Ieri mattina appena sveglia ho saputo che nella notte tra sabato e domenica un corto circuito ha provocato un terribile incendio all'interno del canile della mia città. Tra le fiamme sono morti otto cani. Gli otto musi dolci che vedete nel triste collage fatto dalle volontarie di un'associazione animalista...
Beh sapete, non ne ho parlato con nessuno per non farmi dare della patetica ridicola, ma ci penso da ieri con un nodo in gola.
Nel 2009 feci la volontaria in questo canile per un anno,  quei cani li conoscevo.  Li portavo a correre e giocare nel campetto interno alla struttura. Me li ricordo tutti, a parte due, Sergio e Dante, che arrivarono dopo, quando io smisi di andare.
A Sissi ho pensato qualche giono fa, perchè quella cagnotta nera, timida, che fuggiva sempre mi era rimasta nel cuore. Ormai era anziana. Mi raccontarono che una volta venne adottata da una famiglia che poi la restituì perchè lei stava tutto il tempo nascosta sotto il tavolo e non voleva giocare. Tutti i cani dei recinti bruciati vivevano in canile da tanti anni ed avevano ben poche possibilità di uscirne perchè vecchi, non tanto belli o con un carattere non facilmente gestibile. Però, quando fai il volontario, tutto questo non ti interessa, perchè impari a conoscere pregi  e difetti degli animali di cui ti occupi e, anzi, un occhio di riguardo ce l'hai proprio per quelli più brutti e disgraziati che non troveranno mai una casa.
L'incendio è scoppiato intorno alla mezzanotte. Il canile non dispone di un guardiano notturno, quindi le fiamme hanno fatto in tempo a svilupparsi indisturbate, prima dell'arrivo dei soccorsi. I poveri cani sono morti bruciati all'interno dei recinti, senza aver la possibilità di fuggire! Non ci posso pensare, poverini, che fine atroce...
 I cani dei recinti vicini erano terrorizzati e i  soccorritori non riuscivano a liberarli perchè le povere bestiole mordevano impazzite di paura. Con molte difficoltà i pompieri hanno spento il fuoco, ma per gli otto sfortunati  non c'era più nulla da fare.
Sono ormai decenni che le varie amministrazioni comunali promettono un canile nuovo, al posto di quello fatiscente, pericoloso ed inadeguato, ma nulla è mai cambiato. Ricordo che nel 2009 si parlava di un imminente trasferimento nella nuova struttura... Sono passati cinque anni da queste promesse e i cani sono ancora lì. Adesso si parla di un traferimento a primavera, ma sarà vero o sono le solite parole inutili dette perchè l'incidente è finito sui giornali?
Perchè nel nostro Paese si attende sempre che avvenga una disgrazia irreparabile prima di agire?





venerdì 17 gennaio 2014

"Uno chalet tutto per me" di Elizabeth von Arnim


Il post di oggi è dedicato ad un libro che lessi lo scorso inverno e che ebbe il pregio di farmi scoprire Elizabeth von Arnim, una scrittrice vissuta a cavallo tra Otto e Novecento (1866-1941) che mi piace molto.
La sua scrittura vivace, scorrevole, il suo tocco fresco e frizzante, ironico,anticonformista, acuto, a volte spietato, nel mettere in luce i difetti e le debolezze dei suoi personaggi, rendono la lettura divertente e piacevolissima.
 Nei suoi romanzi le ipocrisie della società del suo tempo, la fragilità e la mutevolezza dell'amore e dei rapporti umani, le piccole grandi tragedie della vita vengono raccontate senza drammi.
Il suo tema prediletto è la fuga. Fuga dalle convenzioni sociali, dalla noia della quotidianità, dalla gente che parla troppo, dalla falsità e superficialità dei rapporti tra le persone, dal matrimonio, dall'amore e dalla mancanza d'amore. Le sue eroine sono donne in fuga, alla ricerca di se stesse e della felicità; a volte riusciranno a conquistarla, altre volte se ne ritorneranno a casa deluse, sconfitte ma decisamente più consapevoli.
Se, come me, amate le storie ambientate nel periodo della Belle Epoque e cercate una lettura divertente e rilassante, ma capace di far riflettere con una giusta dose di elegante ironia, Elizabeth von Arnim fa per voi!

                                                                         
22 luglio
Ora voglio starmene in pace.
Stamane mi sono trascinata fin quassù dal fondovalle come una formica malata, e ho raggiunto a fatica il piccolo chalet sul fianco della montagna che non vedo dal primo agosto di guerra. Mi sono lasciata cadere sull'erba davanti alla porta, troppo stanca persino per riuscire a ringraziare Dio di essere arrivata a casa.

Inizia così questo romanzo che racconta la fuga solitaria della protagonista nel suo chalet di montagna per ritrovare la serenità perduta.
E' l'estate del 1919, la prima guerra mondiale si è appena conclusa con il suo pesante strascico di morte ed orrore. Elizabeth ha perso molte persone care, è oppressa da una tristezza invincibile, dopo tanti lutti non ha più fiducia nella vita ed è terribilmente stanca.
Decide, perciò, di lasciare Londra e passare l'estate nel suo chalet sulle Alpi svizzere.
 Durante i primi giorni non fa altro che starsene sdraiata nell'erba ad osservare le nuvole: non riesce a vincere l'apatia e i tanti pensieri tetri che si affollano nella sua mente.
Poi, lentamente, sente il riaccendersi in lei di un sottile palpito di energia e la speranza di ritrovare la gioia di vivere inizia a riaccendersi grazie al contatto con la bellezza della natura circostante. Ricomincia, così ad apprezzare la cristallina luminosità del cielo, i colori dei fiori, i suoni del bosco, l'imponenza maestosa delle montagne.
Il giorno del suo compleanno è sola. Il silenzio delle camere vuote, un tempo abitate da fratelli ed amici, la rende inquieta; ma proprio quel giorno le arriva un regalo inaspettato: due donne, accaldate e smarrite, le chiedono ospitalità. Elizabeth offre loro il pranzo, poi un letto per la notte ed infine le invita a fermarsi per qualche settimana. Le due signore sono sorelle, la più giovane nasconde un segreto che la maggiore cerca in tutti i modi di mantenere tale, ma questo comportamento non farà altro che scatenare la curiosità di Elizabeth.
 Con non poche difficoltà e qualche divertente malinteso, nascerà poco a poco un'amicizia preziosa che porterà nuova speranza e felicità a tutte e tre.


A presto!

Giorgia

martedì 14 gennaio 2014

Decorazioni per porte tristi







L'altro giorno mi sono decisa e ho disfatto l'albero di Natale.

Ogni anno la solita storia: entusiasmo nei primi giorni di dicembre, quando l'atmosfera di casa diventa magica grazie alle lucine e ai colori degli addobbi; noia e tristezza quando, dopo l'Epifania, bisogna vincere la pigrizia e riporre tutto negli scatoloni.

I primi tre mesi dell'anno mi sono sempre sembrati scialbi, cupi e deprimenti. Le giornate sono brevi, piove spesso, le vacanze sono ormai un ricordo, la primavera è lontana, la routine quotidiana prende il sopravvento; come se non bastasse iniziano i preparativi per il carnevale che a me non piace per niente!

 Senza le decorazioni di Natale la casa mi appare spoglia. Quindi ho creato questi fuori-porta  e li ho appesi alle porte delle stanze di casa.

 Quello sopra con l'uccellino è sulla porta della cucina, questo che vedete sotto, sta su quella della camera.


Questo con la tazzina del caffè e il pasticcino non so dove metterlo...





... lo terrò da parte per la casetta in Lessinia.

A voi, amiche, piacciono questi primi mesi dell'anno? Che cosa fate per scacciare quel pizzico di malinconoia che ogni tanto vi piomba addosso all'improvviso?

Beh... per rallegrare il pomeriggio piovoso, vi offro la merenda: caffè e una fetta di crostata alla marmellata di mirtilli!




Baci e abbracci ;-)

Giorgia

venerdì 10 gennaio 2014

Amata stufa

Nel garage di mia madre, dimenticata in un angolo, ricoperta di polvere e ragnatele, c'è una bellissima stufa a legna in cotto, uguale a quella rappresentata in questo vecchio manifesto pubblicitario della gloriosa ditta Becchi, risalente agli anni '30 del Novecento. Ogni volta che andiamo nel garage, mia mamma lancia uno sguardo alla stufa e dice: " E' una Becchi". In questa laconica frase è racchiuso tutto il valore di questo favoloso oggetto, un tempo indispensabile nelle case, oggi abbandonato nelle cantine buie.

In questi giorni freddi di gennaio, sto pensando di andare a prendermi la Becchi e rimetterla in funzione. Sicuramente dovrò farla controllare perchè è inutilizzata da decenni e credo necessiti di un poco di manutenzione, anche se, così a occhio, mi pare sia in ottime condizioni di conservazione.
La casa dove vivo adesso è molto fredda, mal isolata e risulta veramente dispendioso riscaldarla durante l'inverno; perciò una stufa a legna sarebbe utile, oltre che affascinante.
  Vuoi mettere il calore del termosifone con quello della stufa o del camino? Certo il termosifone è comodo: basta girare una manopolina e la casa si scalda, mentre la stufa la devi curare, pulire, devi procurare la legna, alimentarla continuamente, sorvegliarla e fare attenzione che il fuoco non si spenga; la stufa è come una specie di animaletto: non devi lasciarla lì e dimenticarti di lei, non è indipendente! La stufa chiede la tua presenza per darti calore, devi esserci, altrimenti si intristisce e si spegne. Ma al giorno d'oggi tutto questo è terribilmente fuori moda.  Oggi tutti vogliono essere indipendenti, veloci e dinamici. Non ci si vuole nemmeno più innamorare, perchè l'amore rende dipendenti... Che orrore questa parola, piuttosto la solitudine!
Io amo le stufe e i caminetti e amo avere qualcuno nel cuore.

La scorsa settimana ho avuto finalmente il tempo di andare a vedere con calma la mia casetta in Lessinia. Era la prima volta che ci mettevo piede come proprietaria e vi devo dire, amici, che quando ho aperto la mia porta con le mie chiavi e mi sono ritrovata nella mia piccola cucina mi sono messa a saltare come un capretto, in preda all'entusiasmo e alla gioia!

Purtroppo il tempo era pessimo, pioggia mista a neve, così l'idea di prendere alcune misure in casa e poi andare a fare una passeggiata nei boschi con la cagnolina è andata in fumo (tanto per restare in tema di stufe ;-)). Nel paesino era tutto chiuso, eravamo infreddoliti, perciò abbiamo pranzato in una trattoria in un paese vicino e poi siamo tornati in città.

Ecco un paio di foto della casetta.

 








Siccome nella casetta non c'è l'impianto di riscaldamento e il paesino non è metanizzato, tutti si scaldano e cucinano con il fornello collegato alla bombola del gas, camini e stufe, ho cominciato a cercare una stufa a legna che mi permetta anche di cucinare. Mi è tornata in mente lei:


la mitica cucina economica a legna. Un oggetto meraviglioso, che mi riporta alle vacanze di Natale della mia infanzia.

Nella casa in contrada affittata dallo zio Beppe c'era uno stupendo camino in pietra rosa della Lessinia, ci si poteva sedere all'interno con gli sgabelli, tanto era grande. Era bellissimo: il vero, caldo cuore di quella vecchia casa. Purtroppo il proprietario, un montanaro trasferitosi in città, ad un certo punto si fece prendere dalla mania del "moderno" e in quattro e quattr'otto sostituì il legno dei pavimenti con solide mattonelle, distrusse la scala di assi scricchiolanti e la rifece in bianco marmo cimiteriale, trasformò il sottoscala in una goliardica taverna (che all'epoca andava tanto di moda costruire anche in città); ma il misfatto più atroce fu lo smantellamento del grande camino, sostituito da uno in mattoncini rossi, a suo dire molto più bello, che invece, secondo noi, somigliava a un forno per pizze.
Per noi e per lo zio Beppe fu un grande dispiacere e non perdonammo mai al proprietario questa mancanza di riguardo per il vecchio focolare. Comunque il nuovo camino non fu mai all'altezza del suo predecessore: non tirava, il fuoco era sempre stentato e per questo la casa si riempiva di fumo; perciò venne usato pochissimo.
 Per compensare tale perdita, mio padre scovò, non ricordo dove, una vecchia cucina economica a legna e la posizionò al posto del focolare distrutto.
Tutta smaltata di bianco, con tante portelline, cassettini e i cerchi di ferro che si potevano togliere, questa stufa era, ai miei occhi di bambina, un oggetto magico, ricco di fascino e divenne immediatamente la nuova star della casa. In poco tempo si scaldava con un fuoco vivace, permettendo a mia madre di cucinare qualsiasi pietanza.
 Ricordo com'era bello svegliarsi la mattina,  indugiare nel letto sperando di aprire la finestra e trovare la neve, ascoltando i miei genitori parlottare al piano di sotto e poi, finalmente, scendere in cucina per la colazione, assaporando l'aroma del caffè appena fatto mista all'odore della legna bruciata,  con la gioia nel cuore per la nuova, spensierata giornata di vacanza che stava per iniziare.


Un abbraccio, amici!