lunedì 31 dicembre 2018

All'alba, nelle strade deserte

La mattina del primo dicembre, all'alba, la cagnetta mi ha svegliata. L'ho guardata dirigersi verso la porta scodinzolando: desiderava uscire. Ogni tanto fa così. Mi costringe ad alzarmi  in orari improbabili per portarla fuori a fare pipì e a mangiare  qualche ciuffo d'erba.
Il primo dicembre mi sono svegliata e il sonno mi è subito passato; mi sono vestita, le ho meso il guinzaglio e siamo uscite nelle strade silenziose  della mattina di un sabato di fine autunno. Fino al giorno prima mi sarei innervosita per quella levataccia fuori programma, ma questa volta no. La sera precedente  avevo appreso, tramite un laconico messaggio su Whatsapp, di non avere più un lavoro. Semplicemente, il contratto dell'ultimo impiego che avevo trovato non era stato rinnovato  e di conseguenza mi liquidavano in quel modo, senza nemmeno un po' di preavviso. Ma ormai, si sa, funziona così. Lavoratori spremuti come agrumi, schiavi precari ricattabili e poi, finito il bisogno, gettati nel pattume.
"Tutti utili, nessuno indispensabile!" tuonava quasi ogni mattina la responsabile del Controllo Qualità che ci veniva a fare  la riunione motivazionale. Trenta minuti di puro terrorismo psicologico più volte la settimana, ecco il suo modo di creare la squadra perfetta. Si credeva la più capace di tutti. Minacce di licenziamento, sanzioni, urla... erano il suo metodo per motivare. Altrochè. A riunione finita, invece di pensare: " Sììì, siamo una squadra fortissimi" avevi voglia di appiccare fuoco a tutto lo stabile. Un ambiente davvero pessimo. Dispetti, sgambetti, vendette... e se avevi bisogno erano ben pochi i colleghi disposti a darti un aiuto. Nonostante tutto ciò, la sera del 30 novembre, la notizia del mancato rinnovo mi aveva guastato la cena. Mi ero concessa anche qualche lacrimuccia al telefono con una persona amica che avevo chiamato per sfogarmi; perché trovarsi da un momento all'altro senza lavoro, con i conti da pagare, è sempre un trauma, anche se si è ormai abituati a questa vita da precari. E poi, era l'ennesima FINE  che ero costretta a subire  in questi due anni pazzeschi. Oltretutto, avevo investito  tanta energia  in quell'impiego, erano stati mesi molto faticosi ed ero stata trattata così male in quel posto di lavoro, mi ero sentita così angosciata e la qualità della mia esistenza si era fatta così scarsa che mi chiedevo ogni giorno che cosa avessi fatto di tanto terribile per finire in quel modo. Però era il lavoro che mi permetteva di mantenermi. Allora, avrei dovuto sentirmi depressa e delusa... Invece, all'alba del primo dicembre, nelle strade deserte, mentre salivo lungo la via che porta alle mura antiche e guardavo la città sottostante, mi sono sentita FELICE. Non sollevata o rilassata: proprio felice! Ebbene sì, avevo perso il lavoro ed ero felice come non mi ero mai sentita da tempo immemorabile. Libera di scegliere un percorso nuovo.
Nemmeno una settimana dopo, ho trovato un altro lavoro.

Bisogna mantenere la calma e avere fiducia nella propria capacità di uscire dalle sabbie mobili. In un modo o nell'altro, se ci crediamo, se teniamo a noi stessi, la nostra essenza intangibile ci porterà fuori, a riveder le stelle.




Un abbraccio e buon anno a chi di voi ancora passa di qua.