mercoledì 24 aprile 2013

La via dell'artista

Sentiero Azzurro, olio su tela

"La via dell'artista" di Julia Cameron è il primo manuale sull'espressione della propria creatività che ho comprato e letto con interesse accanito. Lo acquistai l'estate scorsa alla Feltrinelli, usando un buono che mi era stato regalato in occasione del mio compleanno. Ricordo che fui soddisfattissima del fatto di aver comprato qualcosa che volevo senza spendere un euro. All'epoca mi stavo impegnando con tutte la mie forze per uscire  da un periodo nero, e l'aver scovato questo libro mi rese straordinariamente felice.

Il manuale è diviso in 12 capitoli che corrispondono alle 12 settimane di lettura e conseguente esercitazione per imparare ad "ascoltare e far crescere l'artista che è in noi". Ora, devo ammettre che gli esercizi non li ho fatti tutti, perchè alcuni li ho trovati sinceramente inutili e che, in certi punti, il libro è un po'... un'americanata, come usava dire di certi filmacci un mio ex datore di lavoro, il signor Fiorenzo; però altre parti del manuale sono molto interessanti e mi hanno effettivamente aiutato a mettere da parte la paura di dipingere. Sia chiaro che il libro non  promette di farci diventare Picasso in 12 settimane, ma fornisce spunti di riflessione, racconta esperienze e raccomanda di svolgere degli esercizi che aiutano a mantenere un contatto con la nostra parte creativa che, senza una disciplina costante, tendiamo a seppellire in un angolino. Sembra assurdo che la creatività abbia bisogno di disciplina? Be', non lo è. Anche la fantasia, infatti, necessita di esercizio e abitudine per concretizzarsi e sbocciare. Vi sono anche dei paragrafi molto belli, soprattutto quelli in cui l'Autrice parla delle sue esperienze personali.
 Alcuni esercizi sono divertenti; uno di questi è identificare tutti i mostri-censori della nostra creatività, cioè coloro che nel corso della vita, a partire dall'infanzia, ci hanno criticato, demolito o hanno sminuito le nostre capacità, umiliandoci, e inventare una storia con questi personaggi, dove noi, ovviamente, usciamo vincenti. Oppure disegnare la caricatura di una persona che ci ha fatto star male e assegnarle il ruolo di censore principale, poi appenderla ben visibile nel nostro studio. Io feci la caricatura della persona che, in quel periodo, era la fonte principale delle mie disgrazie e la appiccicai sul muro di fronte allo scrittoio; devo dire che fu malignamente consolatorio e piacevole disegnarla in modo buffo accentuandone i difetti fisici!
"La via dell'artista" è un libro che per me è stato una specie di spartiacque tra la mia vita di prima, in cui soffrivo perchè non riuscivo più a dipingere, e la vita di oggi, in cui, seppur con molte incertezze, impongo a me stessa la pratica della creatività quotidiana. Il segreto sta nel FARE, senza preoccuparsi del resto. E' indispensabile dipingere (scrivere, suonare o fare qualsiasi altra attività artistica) per il bisogno e il piacere di farlo. Quando si comincia a preoccuparsi di che cosa penseranno gli altri della nostra opera, o quando si perde tempo a confrontarsi con altri creativi, invidiandoli,  si rischia di smarrire la via dell'artista. E' necessario azzittire la paura del confronto, la paura di non essere bravi o di non essere abbastanza originali: l'importante è buttare fuori  quello che abbiamo dentro trovando il mezzo di espressione più adatto alla nostra personalità.

A presto!


sabato 13 aprile 2013

Stanchezza di primavera


Non so voi, ma io faccio fatica a fare quasi tutto. Non mi riferisco solo alle attività pratiche e quotidiane che, si sa, richiedono sforzo ed energia, sto parlando soprattutto dei rapporti umani.

Mia madre ripete spesso che negli anni cinquanta e sessanta la vita era molto diversa: più bella. Dice che le persone erano più felici perchè si accontentavano di poco. Io non c'ero, quindi non posso dire se queste affermazioni siano veritiere o se siano sfalsate dalla nube rosea dei ricordi e della giovinezza, ma probabilmente mia madre ha ragione. Oggi abbiamo un milione di possibilità in più, rispetto al passato, eppure  non ne abbiamo nessuna...Forse sono solo io a sentirmi così, in questa fase della mia vita... Non mi piace, non mi piace per niente.

Oggi è stata la prima giornata degna di potersi chiamare primaverile; dopo settimane di freddo e pioggia finalmente è uscito il sole e la temperatura ha superato i 20 gradi.
 Così nel pomeriggio ho fatto una passeggiata in centro e sono andata in libreria, dove ho comprato un interessante libro sul linguaggio delle icone. Poi ho visitato una mostra di abiti ed accessori femminili originali risalenti alla Belle Epoque, un periodo che mi affascina moltissimo. Gli abiti erano abbinati a splendidi dipinti ad olio di celebri pittori coevi che ritraevano meravigliose donne vestite con le medesime fogge. Ombrellini, cappelli elegantissimi, ventagli, impalpabili scialli, bustini e borsette minuscole, da questa mostra emerge una femminilità ricca di fascino ed eleganza. Mi sono incantata ad osservare alcuni abiti da sposa in pizzo francese, completamente ricamati a mano, indossati da nobildonne di cui è stato ricordato il nome e donati dagli eredi al museo. Uno di questi abiti, il più incantevole, portava nella parte inferiore della gonna, vicino all'orlo, ancora i segni grigi della strada polverosa in cui il prezioso pizzo era stato trascinato il giorno delle nozze. Questo particolare mi ha colpito molto, facendomi pensare alla giovane donna che lo indossò, alle sue emozioni vissute in quella giornata lontana, se ebbe un matrimonio felice oppure no, a come fu la sua vita...Forse anche lei trovava stancati i rapporti umani e magari, proprio quel giorno in cui indossò l'abito, era accaldata e stanca e non vedeva l'ora di togliersi di dosso tutto quel  pizzo francese. Poi tornata a casa, ripose il vestito nell'armadio e non lo toccò più. E l'orlo rimase sporco, per sempre.

Buonanotte



I dipinti pubblicati qui sotto sono di Federico Zandomeneghi, Angelo dall'Oca Bianca, Ettore Tito.














giovedì 11 aprile 2013

L'Iconografia - seconda parte



Buongiorno sconosciuti amici di Laboratorio Oltremare!
Stamattina mi sono svegliata tutta contenta grazie all'entusiasmo di aver aperto questo blog...Spero che duri...mah...Va bene, non iniziamo subito con le perplessità e proseguiamo con la seconda parte del racconto. Dite la verità: stanotte non avete chiuso occhio per la curiosità di sapere come va avanti la mia storia! Eh sì, è proprio un argomento da perderci il sonno ;-)) Tranquilli, ora mi metto a scrivere.

Dal momento in cui subii la fascinazione delle icone pasarono ancora anni prima che mettessi da parte i dubbi e mi decidessi a prendere in mano il pennello per dipingerne una. In realtà, il dipinto fatto alla scuola di Restauro era così brutto che il solo guardarlo bloccava ogni mio entusiasmo e ogni mia volontà di praticare l'arte dell'Iconografia. Ma l'interesse era troppo forte e mi misi a studiare da autodidatta. Cosi un giorno, in segreto, perchè provavo una sorta di strano pudore a parlarne, andai a comprare due tavolette di legno e le preparai a gesso e colla, come avevo imparato a fare a scuola. Scelsi l'immagine di una Madonna della Tenerezza abbastanza semplice e iniziai a dipingere.
 Aiuto! Com'era difficile stendere i colori all'uovo! Gli strati si seccavano subito, non riuscivo a creare le giuste sfumature, se insistevo con il pennello in un punto, subito si creava un buco nella pellicola pittorica che poi non riuscivo a nascondere.
Osservavo desolata le immagini di meravigliose icone sui libri e su internet e mi chiedevo come ottenere quelle splendide sfumature e soprattutto la strordinaria luminosità dei volti.
Comunque, terminai la mia tavoletta e la regalai a mia madre che la apprezzò. Ma  io ero delusa.
Cercai in internet notizie relative a corsi di Iconografia, ma quelli che trovai erano troppo costosi o troppo lontani, decisamente non me li potevo permettere.
Nel frattempo era iniziato per me un periodaccio. Fui costretta a cambiare casa e il nuovo posto non mi piaceva. Persone a me care si erano allontanate, economicamente arrancavo; insomma, nulla sembrava andare per il verso giusto. Mi sentivo sola e malinconica. 

Nelle corrispondenze non ho mai creduto. Ho sempre pensato che se uno, ad un certo punto della vita, ha bisogno di una svolta o di un'indicazione del Destino, il segno  che tanto desidera vedere potrebbe apparire su una mattonella della cucina o su un sasso trovato per strada. Insomma uno le corrispondenze, le fortunate coincidenze, se le crea da solo e fa finta che sia opera del Fato o di Dio. Ecco, a me, in un solitario sabato pomeriggio d'autunno, successe una corrispondenza. Non so dire, però, se fui io a crearla inconsciamente; quello che è certo  fu che  la mostra di icone contemporanee che mi trovai a visitare, mentre passeggiavo svogliatamente, non fu un parto della mia mente. 
Le icone esposte erano bellissime, perfettamente eseguite dalle due signore sessantenni che chiacchieravano sommessamente al centro della sala. Decisi che era un'occasione da non perdere, mi avvicinai e timidamente chiesi loro se potevano insegnarmi.
Qualche mese dopo, entusiasta  e felice, iniziavo il mio primo vero corso di Iconografia.

Grazie a queste maestre, che non dimenticherò  mai, i segreti della tecnica dell'icona mi furono svelati e mi si aprì un mondo. Un mondo fatto di serietà, tanta passione, pazienza, concentrazione, studio e ricerca. Una di loro disse che chi inizia a dipingere icone poi difficilmente smette, continua per tutta la vita. 
Cominciai a lavorare tantissimo. Ogni sera tornavo a casa, cenavo e correvo nella mia stanzetta-laboratorio. Con la radio che mi faceva compagnia, sotto la luce bianca della lampada, disegnavo, doravo, preparavo le tinte e dipingevo, dipingevo, dipingevo!
 Così, in pochi mesi, affinai moltissimo la mia tecnica e una vecchia amica mi chiese di realizzare icone da regalare. Gettai via la timidezza e partecipai a qualche esposizione: le mie icone vennero apprezzate e qualcuna "trovò casa". 

Sono certa che in quel periodo, così brutto, l'incontro con le maestre e con altre persone appassionate di Iconografia fu vitale per me. Questa esperienza mi ha insegnato molto e mi ha portato a credere che proprio tutto quello che ci accade serve alla nostra crescita personale. Talvolta, un evento che noi consideriamo negativo, può essere la scintilla che innesca nuove possibilità, che ci fa scoprire talenti e capacità che non sapevamo di avere. Trovare la propria passione è forse la cosa più importante di tutte, perchè chi ha una passione, in qualche modo, si salva sempre.

A presto!


L'Iconografia - prima parte




Da dove è scaturita l'enorme passione per l'Iconografia che ha caratterizzato gli ultimi due anni e mezzo della mia vita? Ecco una domanda che mi pongo spesso. 
Io, purtroppo, non sono credente. Mi piacerebbe esserlo, ma non c'è verso. Vado nelle chiese principalmente per ammirare le opere d'arte che vi sono custodite, non per pregare. A pregare ho provato, qualche volta, ma non mi viene bene, mi sento finta e penso che se Dio esiste, non apprezza certamente una che fa finta, forse preferisce che non lo preghi ma che lo rispetti, e io l'ho sempre rispettato.
Mia madre, al contrario di me, ha sempre avuto il dono della Fede, e quando le parlai della mia intenzione di frequentare un corso di Iconografia, fece quasi i salti di gioia. Disse che, anche se non ero credente, Dio mi aveva chiamato, perchè Lui non abbandona i figli e li benedice anche quando essi sono ingrati ed indisciplinati. Dunque Dio mi aveva benedetto dandomi il dono della pittura ed io decisi di farne tesoro. Questa spiegazione di mia madre  mi parve bella e poetica...e forse corrispondeva al vero. Infondo poteva essere un stratagemma di Dio perchè non mi smarrissi del tutto, ma rimanessi, in qualche modo, vicino a Lui.

La primissima scintilla di interesse per questo tipo di arte non so bene da dove venne. Io disegno da quando ero piccola e  ho iniziato a dipingere i primi quadretti a olio verso i 15 anni; ho sempre adorato la pittura, ma nulla mi ha dato soddisfazione, serenità e senso di pienezza come l'esercizio dell'Iconografia.
 Il primo serio ed intenso approccio con la pittura a tempera su tavola è avvenuto durante il primo anno della scuola di Restauro. Avevamo un  fantastico laboratorio di Tecniche Artistiche in cui mettevamo in pratica le antiche ricette dei maestri di bottega. Il compito iniziale fu la creazione di un dipinto su tavola con la tempera all'uovo e la foglia d'oro. Un lavoro lunghissimo, che, anche a causa della nostra inesperienza nell'uso dei materiali, portò via mesi al resto del programma e spazientì la nostra insegnante. Il soggetto che scelsi di riprodurre sulla mia tavoletta era una Madonna con Bambino del Foppa. Un'impresa che mi parve titanica, infatti non riuscii a portarla a termine. Devo dire che oggi quel dipinto mi sembra brutto assai! Ma questo non conta, quello che importa è che io rimasi incantata dalla pittura a tempera su tavola, dalla doratura e dalle innumerevoli operazioni che la realizzazione di un'opera del genere richiede. Materiali strani, che non avevo mai sentito nominare, come la pietra d'agata, la colla di coniglio, il latte di fico, pentoloni  stregoneschi che bollivano e spandevano il loro puzzo in tutto il laboratorio, ricette bizzarre uscite direttamente dai trattati medioevali, tutto questo mi affascinava incredibilmente. Cominciai ad interessarmi alle antiche icone bizantine perchè scoprii che erano fatte con le medesime tecniche. 
 
Delle icone mi colpirono soprattutto i colori, le espressioni dei personaggi, i loro atteggiamenti ieratici, l'estrema eleganza e semplicità delle vesti, i volti nobili, spirituali dai grandi occhi malinconici, e quella strana prospettiva rovesciata che sembra opera di una mano infantile, invece è frutto di conoscenza e studio. E poi scoprii che tutto nell'icona è simbolo: i colori, gli oggetti, gli atteggiamenti, gli edifici, persino il modo di stendere il colore è simbolico,
 Capii che per fare icone bisognava studiare e comprendere il loro linguaggio, solo così si può apprezzare davvero questi dipinti, che alcune persone considerano "brutti". 
Le icone ci parlano, ci raccontano storie meravigliose attraverso un linguaggio antichissimo che a noi, uomini del XXI secolo, può risultare misterioso ed inaccessibile...

Uhm è tardissimo! Devo andare a dormire... Non perdetevi la seconda parte :-)

Continua...


mercoledì 10 aprile 2013

Perchè un blog?

Me lo sono chiesta e me lo sto chiedendo anche ora: perchè aprire un blog di Laboratorio Oltremare? A cosa mi servirà? Sarò in grado di gestirlo bene e seguirlo con costanza? A chi potrà interessare quello che scrivo riguardo il mio lavoro? Forse non interesserà a nessuno, e di questo non dovrebbe importarci proprio un fico secco! Il blog si fa per se stessi... Lo so, è una banalità che scrivono tutti: il blog non si fa per gli altri. Però poi se non vediamo commenti e se nessuno lo segue ci rimaniamo male. Va bene, questo ci sta, è umano cercare un minimo di gratificazione nei nostri simili, ma io sono comunque convinta che quello che pubblicherò in questo blog sarà un affare tra me e me. Vorrei che questo spazio fosse IL MIO SPAZIO, casa mia, il mio laboratorio, dove sono libera di scrivere ciò che mi passa per la testa, raccontare le mie piccole soddisfazioni, le inevitabili rabbie e delusioni, i miei progetti e le mie creazioni. Se qualcuno vuole, può venirmi a trovare, ne sarò felice; se nessuno verrà, pazienza.

Detto questo, mi voglio presentare a chi (magari, forse, non si sa) verrà a trovarmi. 
Io sono una Restauratrice d'Arte, e lo dico sempre, a tutti, perchè sono felice ed orgogliosa di aver studiato ed essermi diplomata Restauratrice. Davvero, poter lavorare sui dipinti  antichi è stata una delle più grandi soddisfazioni della mia vita. Ho scritto è stata perchè purtroppo, a causa della tremenda crisi di questi ultimi anni, il lavoro nel campo del Restauro è diminuito spaventosamente. Molti laboratori, anche grandi ed importanti, nella mia regione hanno chiuso i battenti ed io, a malincuore, sono stata costretta a cambiare strada. Ma cambiare, quando qualcosa ti appassiona così tanto, non è facile, è come dover rinunciare al fidanzato che ami e che consideri il Principe azzurro: è un dolore.
Per questo, principalmente nella mia testolina, è nato Laboratorio Oltremare. Il mio progetto, il mio sogno forse inattuabile ma irrinunciabile, partorito dopo un periodo di apatia, rassegnazione e tristezza. Lui è un'idea, è lì che aspetta tempi migliori. Per ora è solo una stanza in un appartamento e un blog appena aperto, domani chissà.
A me le idee e, soprattutto la consapevolezza di esse, non vengono immediatamente, come succede ad alcune persone fortunate che già sul seggiolone hanno ben chiara la loro vocazione di medico, sacerdote o rapinatore di banca. No, io ci metto anni a capire. Anni nebulosi, grigi, strani, anni-limbo in cui non sto per niente bene. Forse quest'anno è un anno limbo, per questo ho aperto il blog, per aiutare me stessa a capire: se vedo scorrere davanti a me, sullo schermo di un pc, quello che faccio, mi rendo conto che non è un sogno, che io agisco per concretizzare il progetto. Non so se mi sono spiegata.

Ora vado a fare una passeggiata con la mia cagnolina!

A presto.