sabato 23 agosto 2014

Romantiche protagoniste per romantici bijoux - Collezione Autunno 2014!




Buon sabato amiche!

E così, tra pioggia e vento, siamo arrivati quasi alla fine di agosto.
Questo clima frescolino mi ha fatto venire voglia di ricominciare a creare qualche bijou in vista dei mercatini di settembre (ahi ahi! settembre, mese pieno di impegni! Vacanze addio!  Beh per il momento non facciamoci venire l'ansia).

In questo momento sto leggendo il romanzo Jane Eyre di Charlotte Bronte (come si mettono i puntini sulla e di Bronte? Boh...) e mi sta piacendo tantissimo!
Con quelle atmosfere un po' cupe e tenebrose tipiche della brughiera selvaggia, le nebbie, i fantasmi, i caminetti accesi, le tazze da tè... e gli antichi manieri che celano segreti inconfessabili... Ah che meraviglia!!!


Sono sempre più convinta che il mio luogo ideale sia un'antica magione nella brughiera dello Yorkshire :-)



 Affascinata da questa lettura, mi è venuta l'improvvisa ispirazione di realizzare alcuni pendenti e  orecchini in omaggio a Jane Eyre e alla sua creatrice.




 Poi ho pensato: ma possono mancare Jane Austen  e le sue amatissime eroine in questi bijoux dedicati alle  romantiche protagoniste della letteratura? No di certo!
Così per i prossimi mercatini farò nuove creazioni dedicate anche a lei.



Spero solo che questa collezione venga capita;  sapete, mi rendo conto che in giro non c'è molta gente che legge e ama questi romanzi classici...

Eccovi un'anteprima della collezione autunnale:











Un abbraccio a tutti!


Giorgia

martedì 12 agosto 2014

Fantasmi al castello in un pomeriggio d'estate


La Dama Azzurra, foto opera di Laboratorio Oltremare



"Credete nei fantasmi?"
"No, non credo nei fantasmi, ma ne ho paura."
                                                                (Edith Wharton)




 Bentrovati cari amici di Laboratorio Oltremare!

Finalmente ho l'occasione di scrivere un post riguardante una delle mie grandi passioni: le storie di fantasmi.
Da anni faccio collezione di vecchie storie di spettri, la mia libreria è piena di raccolte di questo tipo. I miei racconti preferiti sono quelli scritti nell'epoca vittoriana e nei  primi decenni del Novecento; poi, come disse Sir Obert Sitwell a Edith Wharton (grande scrittrice di  ghost stories spaventose!) : i fantasmi se ne sono andati quando la luce elettrica ha fatto la sua comparsa. Di conseguenza, anche se la narrativa ha continuato a produrre incessantemente racconti  del soprannaturale, le storie non sono  riuscite a conservare il fascino emanato da quelle scritte nel secolo precedente, ma questo è un parere del tutto personale.

Ma ora veniamo al sodo.
Prima di tutto un' avvertenza per i lettori: se siete dei fifoni facilmente suggestionabili non leggete questo post.

 Eh sì, cari, perchè stavolta Giorgia di Laboratorio Oltremare, durante una sua recente escursione, non si è limitata ad immortalare i fiorellini ed il bel panorama, no no, stavolta la fidata digitale ha fotografato  qualcosa che potrebbe essere un vero e proprio FANTASMA!!!!

 Andiamo per gradi.

Domenica 27 luglio  abbiamo deciso di fare una gita a Battaglia  Terme in provincia di Padova per vedere il famoso Castello del Catajo, il quale, essendo una proprietà privata, è aperto solo in date prestabilite e in occasione di determinati eventi a cui si può partecipare su prenotazione.




Il castello è incantevole, la sua mole si staglia, elegante ed eclettica, sul profilo dei Colli Euganei. Questo luogo non ha nulla di tetro, anzi, appena vi si mette piede nei pomeriggi estivi nei quali è possibile la visita, si viene avvolti da un senso di serenità e curiosità per le vicende vissute in quelle antiche mura. L'edificio è immerso nel verde delle colline, davanti all'entrata si sviluppa un grande parco con alberi secolari... Ed è proprio qui che io ho avuto l'incontro con il fantasma... Ihihih!
Per ora non sveliamo nulla, e andiamo avanti.






 Il castello conta oggi ben 350 stanze, molte delle quali sono chiuse ed inagibili: un complesso enorme, come sono enormi le spese e l'impegno per mantenerlo in buono stato; infatti, purtroppo, metà dell'edificio (quella più recente e meno preziosa) versa in cattive condizioni di conservazione.







Le bravissime guide vi condurranno in una visita di un'oretta circa attraverso le sale del piano nobile all'interno del nucleo più antico e meglio conservato dell'edificio. Qui si resta incantati di fronte alla bellezza del prezioso ciclo di affreschi che racconta la storia della famiglia committente realizzato tra il 1570 e il 1572 da Gianbattista Zelotti . Ogni centimetro delle pareti è coperto di magistrale pittura, in una compenetrazione di figure e colori che richiamano, portandola all'interno delle stanze, la dolce bellezza delle colline circostanti, come vuole la migliore tradizione delle ville venete ispirata ai principi del grande architetto Andrea Palladio .

 Pensate che questi affreschi non hanno mai subito restauri e, nonostante i cambi di proprietà, di gusto estetico, le guerre e le varie vicissitudini subite dal castello, a parte qualche traccia di umidità che ho notato in una stanza, la pittura si è conservata esattamente come  quando, 442 anni fa, lo Zelotti depose il pennello l'ultimo giorno di lavoro! Saranno manie da restauratrice, ma questa cosa mi ha emozionata.



Il Catajo fu fatto costruire dalla potente famiglia degli Obizzi nella seconda metà del Cinquecento su un piccolo edificio già esistente: la casa di donna Beatrice.




Gli Obizzi non erano nobili, il loro mestiere era quello dei capitani di ventura. Erano impavidi cavalieri e possedevano un forte esercito privato che mettevano a disposizione  di chiunque lo richiedesse. La guerra fece la loro ricchezza, l' ambiziosa astuzia calcolatrice dei componenti di spicco della famiglia fece la loro fortuna. Attraverso matrimoni importanti riuscirono ad imparentarsi con i più influenti personaggi del tempo, arrivando ad ottenere il tanto sospirato titolo nobiliare di marchesi.




LA "DAMA AZZURRA"

In virtù di questa attitudine alla guerra, gli Obizzi sapevano come farsi rispettare, ed era meglio averli come amici che come nemici. Chi sgarrava con uno di loro sapeva che prima o poi la vendetta sarebbe calata implacabile sulla sua testa!
Probabilmente non lo sapeva il giovane e prepotente Attilio Pavanello, il nobile amico di famiglia, presunto assassino di Lucrezia Dondi Dell'Orologio, moglie di Pio Enea Obizzi.

Questo Attilio aveva stretto amicizia con il figlio maggiore e con il marito della marchesa Lucrezia. Dopo qualche tempo il giovane cominciò a frequentare il castello non più tanto per amicizia, bensì per qualcosa di diverso e di molto più pericoloso, insomma, per farla breve, si era invaghito della marchesa la quale aveva circa 17 anni più di lui.
Lucrezia era una donna molto graziosa, dal carattere dolce, mite e caritatevole, ella non aveva nessuna intenzione di venir meno ai suoi doveri e tradire il marito con un ragazzo poco più grande di suo figlio, perciò respingeva con educata riservatezza le avances dello spasimante che diventavano sempre più  più pressanti. Persino i membri della servitù si accorsero che il Pavanello usava un tono impudente con la marchesa ed aveva in testa "strane" idee; al contrario, il marito non si accorse di nulla e continuò ad invitare il giovane nobile al castello.

Nell'autunno del 1654 il marchese Pio Enea si recò a Ferrrara ed invitò la moglie a raggiungerlo qualche giorno dopo. Lucrezia lasciò l'amato castello per non farvi più ritorno... da viva!

 Al Catajo si dice che la bella signora vestita di un abito azzurro che si aggira ormai da secoli nei corridoi  e che s'affaccia alle finestre buie dei piani più alti chiusi al pubblico, sia proprio lei! Pensate che in una stanza del pianterreno è possibile vedere la famosa quanto sinistra pietra insanguinata, un rettangolo di marmo macchiato di sangue nell'angolo superiore destro, appartenente alla camera del palazzo di città degli Obizzi dove la marchesa Lucrezia spirò. Infatti dopo la sua tragica morte tutti i suoi oggetti personali e la porzione di pavimento che assorbì il suo sangue vennero rimossi dalla dimora di città e trasferiti al castello di campagna che lei amava tanto, ecco perchè si dice che il suo fantasma oggi si trovi qui e non nel luogo della sua morte.



Ma cosa accadde alla povera Lucrezia?
La sera del 15 novembre 1654 Lucrezia si fermò a dormire nel palazzo di famiglia a Padova, prima di mettersi in viaggio per raggiungere il marito. Il Pavanello, sempre informato sulle attività dell'oggetto dei suoi desideri, la seguì deciso una volta per tutte a dichiararsi. Durante la notte, dopo aver atteso lo spegnersi di tutti i lumi della casa, riuscì ad introdursi  all'interno tramite una porticina di servizio, raggiunse la camera della marchesa e vi entrò.
Nessuno sa con precisione ciò che avvenne tra i due in quei momenti, quello che è certo è che all'improvviso la servitù e il figlio minore di Lucrezia vennero svegliati da alte grida e disperate invocazioni d'aiuto da parte della marchesa. Quando il personale ed il giovanissimo Ferdinando entrarono nella camera padronale si trovarono davanti un'orribile scena: la sventurata signora era stesa  sul pavimento in una pozza di sangue, qualcuno l'aveva pugnalata a morte ed era fuggito! Lucrezia aveva all'epoca 42 anni.

Il terribile omicidio suscitò grande scalpore e commozione in città: la marchesa era conosciuta e benvoluta per il suo carattere mite e misericordioso, era una donna religiosa, devota alla famiglia e al marito e non c'erano mai stati pettegolezzi sul suo conto. Il fatto che un bruto si fosse introdotto in casa sua e avesse tentato di usarle violenza uccidendola poi così vigliaccamente, provocò molta indignazione tra tutti i cittadini. Cominciò la caccia all'assassino. In un primo momento vennero sospettati alcuni personaggi che avevano avuto degli scontri con il marchese Obizzi, ma non fu trovato alcun elemento in grado di provare la loro colpevolezza. In seguito fu lo stesso Obizzi che cominciò ad avere dei sospetti nei confronti di Attilio Pavanello; sospetti che lo portarono a svolgere per conto proprio delle indagini dalle quali emersero alcune prove.  Il Pavanello venne dunque arrestato ma continuò a dichiararsi innocente. Forse godeva dell'amicizia e della protezione di qualcuno in vista, o forse fu abbastanza bravo da convincere i giudici, sta di fatto che poco tempo dopo l'arresto venne rilasciato senza che nessun verdetto di colpevolezza fosse emesso a suo carico. E molto astutamente lasciò la città facendo perdere le sue tracce. Il mistero dell'assassinio di Lucrezia rimaneva dunque irrisolto.


Ma come ho scritto, gli uomini della famiglia Obizzi non erano tipi con cui scherzare.
Il 12 febbraio 1667 Ferdinando degli Obizzi, il ragazzino che quella maledetta notte di novembre aveva visto la madre assassinata in camera da letto, affrontò il Pavanello, incautamente tornato a Padova, e, insieme ad alcuni dei suoi uomini, lo uccise a colpi di pugnale e di archibugio, infine, come segno di disprezzo, lo decapitò con la sua spada.
La vendetta era compiuta, erano trascorsi ben 13 anni dal delitto di Lucrezia.




Il cenotafio di Barbara all'interno del parco del castello
IL FANTASMA DEL PARCO

La Dama Azzurra è sicuramente il fantasma più famoso del Catajo, ma in un luogo così antico e ricco di storia è quasi ovvio che vi siano altri spiriti pronti a reclamare il proprio spazio sotto i riflettori del mondo dei vivi.
Nel castello si parla di un altro fantasma femminile legato alla famiglia Obizzi; una presenza, talvolta ostile, che sarebbe stata percepita da più di una persona durante le visite nel parco.
Si tratterebbe dello spirito di Barbara Querini, una nobildonna veneziana andata in sposa a Tommaso degli Obizzi sul finire del Settecento. Purtroppo sulla sua vicenda ho trovato pochissime informazioni, le uniche notizie che riporto qui le ho apprese personalmente da una delle guide del castello.
La giovane Barbara sarebbe stata fatta uccidere dal marito a soli due anni dalle nozze perchè sospettata di avere un amante. In seguito l'Obizzi, forse per lavarsi la coscienza, forse per sviare i sospetti o forse perchè innocente... chissà, fece erigere nel parco un elegante cenotafio in memoria della moglie morta e, siccome era un appassionato collezionista e studioso di numismatica, fece addirittura coniare una moneta con la sua effigie. Del delitto non fu mai accusato, però, si sa, le voci girano e Tommaso Obizzi non riuscì più a risposarsi.  Morì nel 1803 senza eredi diretti, con la sua scomparsa la dinastia degli Obizzi si estinse. In punto di morte testò a favore del duca di Modena Ercole d'Este del ramo estense degli Asburgo... Mossa fatale per le preziosissime collezioni di opere d'arte custodite al Catajo! Infatti nell'Ottocento gli Asburgo d'Austria, vista la brutta aria che tirava per loro, decisero di abbandonare il castello, ma prima impacchettarono statue, quadri, arredi pregiati e tutte le 22 rare e preziose collezioni e... goodbye Italia! Tutte le opere lasciarono per sempre il nostro Paese ed andarono a rimpinguare le bacheche dei musei di mezza Europa.


Pensiero malinconico, foto opera di Laboratorio oltremare


LA FOTO MISTERIOSA

Ed ora, cari lettori, è giunto il momento di mostrarvi l'attesa fotografia del mio fantasma.
Le foto di questo post sono state scattate dalla sottoscritta in vari punti del Catajo nel pomeriggio di domenica 27 luglio; con alcune di queste immagini mi sono poi divertita a realizzare delle romantiche elaborazioni  che ho intitolato: "La Dama Azzurra", "Pensiero malinconico" e "Ombre in giardino". Fin qui tutto normale, nel senso che tutte le fotogarfie non presentavano anomalie, ombre o strani riflessi...
Sì, tutte tranne UNA!
Questa:


Notate forse qualcosa di strano?

Le persone a cui l'ho mostrata hanno visto immediatamente quella specie di indefinita nebbiolina nella parte destra dell'immagine.


Non so che dire di fronte a questa foto...

Si tratta del fantasma di Barbara che appare a chi passeggia nel parco? Oppure, come mi piace credere, si tratta di un'entità, una specie di energia la cui manifestazione è rara ma comunque possibile in luoghi ricchi di storia e di echi del passato come questo?
 Non lo so.



Ombre in giardino, foto opera di Laboratorio Oltremare



 Giorgia 



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mercoledì 6 agosto 2014

Una soffice delizia: torta di mandorle e marmellata di albicocche



Io cucino sempre. Tutti i giorni faccio la colazione, il pranzo e la cena. Talvolta mi pesa, soprattutto quando devo lavorare oppure quando sono in piena fase creativa. Però è una mia scelta e,  a conti fatti, cucinare è bello, fa risparmiare soldini e alla fine sono contenta di mangiare il cibo che preparo con le mie mani.

Come avrete intuito, adoro fare i dolci; la loro preparazione mi rilassa, mi distrae, e il profumo che esce dal forno mentre stanno cuocendo riempie tutta la casa, mettendomi di buonumore. La mattina, poi, non vedo l'ora di alzarmi per gustare una fetta della mia ultima torta accompagnata da un fantastico caffè! La colazione è uno dei momenti preferiti della giornata, non ci rinuncerei mai, cascasse il mondo!

Oggi ho preparato questa torta ispirandomi ad un delizioso dolce assaggiato qualche settimana fa  alla piccola trattoria  che si trova nella piazza del "mio" paesino in Lessinia.
Era davvero buonissima, così ho provato a rifarla andando un po' a naso.
Il risultato mi soddisfa, perciò sono felice di condividere la ricetta qui sul blog.


Ingredienti:

170 g di farina di frumento integrale
120 g di zucchero di canna
150 g di burro morbido
4 uova (1 intero + 3 tuorli)
80 g di mandorle tritate
mezzo vasetto di marmellata di albicocche
mezza bustina di lievito vanigliato
un pizzico di sale
qualche goccia di aroma di mandorla

Preparazione :

 preriscaldate il forno a 150°; tritate le mandorle abbastanza grossolanamente;  unite lo zucchero al burro e lavorate con lo sbattitore elettrico fino ad ottenere una crema, poi aggiungete le uova un poco per volta, quindi unite la farina ed il lievito, il sale, infine le mandorle tritate e l'aroma. Il composto deve risultare piuttosto denso, nel caso fosse troppo difficile da stendere aggiungete un paio di cucchiai d'acqua. Ora unite all'impasto la marmellata a cucchiaiate e mescolate velocemente senza farla amalgamare troppo. Infine versate il tutto in una tortiera imburrata o rivestita di carta da forno e infornate per circa 40 minuti portando il forno a 180°. Una volta fredda, cospargete la torta di zucchero a velo.



E' una torta semplice e deliziosa: l'aroma delle mandorle si sposa perfettamente con la dolcezza delle albicocche.
Purtroppo è ricca di burro e di uova! Di solito preferisco fare dolci con lo yogurth e l'olio di semi... Però, dai, una volta ogni tanto  è concesso sgarrare.



Giorgia