domenica 28 gennaio 2024

L'odore della nebbia

 


Venerdì mattina la città mi ha accolta velata da una nebbia buia e fitta. Da me, in montagna (montagna si fa per dire, visto che sono 700 metri), quando in pianura c'è la nebbia, il cielo invece è sereno. Anche lì a volte scende la nebbia, ma è una nebbia diversa. Appare all'improvviso nel bel mezzo di una mattinata tersa; arriva veloce come un fumo misterioso che spira dai versanti delle montagne, come se fosse un'emanazione dello spirito del bosco. In poche decine di minuti tutto il paesaggio cambia, perde la sua allegra limpidezza e si fa cupo, indefinito.Nelle strade, tra le vecchie case, nei sentrieri, la foschia cammina e si insinua nei pertugi più nascosti dei casolari in rovina come un'entità soprannaturale. Questo sconcertante mutamento del paesaggio non dura per ore o giorni, come in pianura, poco dopo la nebbia si dissolve liberandolo dalla sua fredda coltre. Succede, alcune volte, di ammirare dalla finestra di casa il cielo azzurro, poi impegnarsi  per una mezz'ora in qualche occupazione e quando si torna a guardare dalla stessa finestra vedere il panorama completamente mutato da un manto di nebbia lattiginosa. L'impressione è quella di trovarsi all'improvviso in una realtà parallela, come succedeva nella serie televisiva Stranger Things.



Ho letto che la nebbia non può avere odore perchè si tratta di minuscole goccioline d'acqua sospese in aria, invece, secondo me, un odore ce l'ha. E' un po' acre, metallico, mi ricorda quei festoni argentati o dorati che si usavano negli anni Ottanta per decorare l'albero di Natale. O forse lo associo a quelli perchè in quegli anni io ero bambina e la nebbia faceva la sue prime comparse nelle settimane che precedevano le Feste. Mi piacevano molto quei brevi pomeriggi di nebbia del tardo autunno, quando le tenebre scendevano presto e dalla finestra della mia calda cameretta guardavo le strade inghiottite da quella vaporosa magia. I pochi passanti infreddoliti camminavano veloci tenendosi la sciarpa sul naso, il rumore ritmico dei tacchi delle loro scarpe sul marciapiede umido riempiva l'aria densa per qualche minuto, fino ad affievolisrsi e scomparire. Allora immaginavo che quelle persone fossero finalmente arrivate a casa e si  affrettassero a chiudere  la porta per impedire a un qualche mostro della nebbia o fantasma di entrare. La sera, a letto, era bello ascoltare questi rumori farsi sempre più radi. Così mi lasciavo vincere dal sonno, immaginando i misteri che potevano celarsi là fuori, nella notte nebbiosa.