giovedì 20 giugno 2024

Chi l'avrebbe mai detto




 Nel mese di aprile ho deciso di affittare un locale nella mia città allo scopo di realizzare un progetto che mi frullava in testa da qualche anno: creare uno spazio di benessere emotivo grazie alla creatività manuale. E chi l'avrebbe detto che l'attività regina di questo progetto, quella più amata, anche dalla sottoscritta, sarebbe stata quella del lavoro all'uncinetto? Prima del 2016-17, nessuno, nemmeno io. Allora mi occupavo con molta passione di restauro e di pittura, come testimoniano i vecchi post di questo blog. Ma in quegli anni cominciai a percepire un forte bisogno di creare con le mani e con i fili; forse per assecondare inconsapevolmente la Penelope celata in ogni donna, non tanto nel suo aspetto più conosciuto di sposa fedele di Ulisse che fa e disfa la tela nell'attesa del suo ritorno, quanto nella sua accezione più antica, quella della dea inventrice della tessitura e della filatura della lana. Un tema che si trova nelle mitologie arcaiche delle civiltà mediterranee e che rappresenta, con il suo lavoro di tessere e disfare, lo svolgersi del destino umano, la vita e la morte. Il simbolo, bellissimo, dei cicli: la Natura che crea e distrugge se stessa. Forse è nascosto in questo archetipo antichissimo l'inspiegabile bisogno di intrecciare nodi all'infinito. Un bisogno che con la pratica diventa una necessità essenziale e quotidiana di tutte le persone alle quali insegno a lavorare con i filati. Certo, oggi la scienza lo spiega a modo suo e cioè con gli studi fatti dalle università che dimostrano come l'azione ripetitiva del lavoro a maglia-uncinetto provochi nell'organismo lo sviluppo di endorfine, gli ormoni che ci fanno stare bene. Questo è sicuramente vero, ma può essere valido solo per chi ha già sperimentato la pratica del lavoro; ma come la mettiamo con i principianti? Cosa fu a spingermi otto anni fa a prendere in mano l'uncinetto per la prima volta? Cosa spinge le ragazzine di 11 anni che vengono a lezione a sedersi per due ore snocciolando chilometriche catenelle, con la ruga di concentrazione che si forma sulla giovane fronte? Recentemente una mamma ha accompagnato la bambina al mio corso: " Sofia vuole assolutamente lavorare all'uncinetto" mi ha detto. Durante l'ora di prova anche la mamma ha incominciato ad annodare le catenelle e alla fine non voleva più smettere. Risultato: entrambe si sono iscritte.


E chi l'avrebbe mai detto che insegnare a intrecciare fili sarebbe stata l'attività che mi rende più felice? Solo qualche anno fa non l'avrei immaginato. Mi piace vedere come le persone vengano ai miei corsi spinte da un bisogno inesplicabile, senza nemmeno sapere come si maneggia un uncinetto e dopo qualche mese riescano a creare lavori belli e colorati. Mi piace vedere come si appassionino, come siano felici e soddisfatte delle creazioni che escono dalle loro mani, come siano entusiaste davanti ai colori dei gomitoli, curiose di capire e di sperimentare. Ieri un'allieva raccontandomi della depressione di una sua amica, mi ha detto: "Sono cose che possono capitare a tutti, bisogna stare attenti ai primi segnali. Ma a noi non capiterà perchè abbiamo l'uncinetto." E io ho compreso perfettamente il significato di quelle parole. Non è solo questione di endorfine, come dice la scienza, è qualcosa di molto più misterioso. Una scintilla antica e magica che si accende dentro di noi.